mercoledì 23 luglio 2014

Cosa è la meditazione?

Seduti, a gambe incrociate, la schiena dritta, pensando a qualcosa di misterioso: è l’idea che molti non esperti si fanno della meditazione, intesa sia come attitudine fisica che come concetto in generale. Così la possibile attrazione, la curiosità di provare, cedono alle difficoltà: la schiena fa male e non regge, le anche non si allentano e le ginocchia soffrono; e l’idea del non pensiero scoraggia. 

Ma la meditazione vera è tutt’altro. 

Osho, uno dei Maestri più interessanti del secolo scorso, affermava: “La meditazione funziona perché ci porta oltre la mente, in un posto di quiete, silenzio e pace. Perché la meditazione è semplicemente uno stato di consapevolezza rilassata. Il tempo si arresta, con l'arrestarsi della mente. E per la prima volta nella tua vita vedi colui che osserva, l'osservatore. Diventi consapevole della consapevolezza”.

A quanto pare i problemi della postura e della focalizzazione mentale non sono importanti. Ma allora, cosa è la meditazione? Gli studi scientifici tendono a descriverla come una serie di processi cognitivi, condotti in modo intenzionale e spontaneo, focalizzati su un oggetto, su una immagine, sulla respirazione o su un suono. Più semplicemente, durante la meditazione si può imparare a osservare il flusso di pensieri che vanno e vengono e cercare di non soffermarsi su nessuno di essi: il compito richiede una certa consapevolezza, perché la mente tende a vagare.
Chi ha provato a meditare sa che il richiamo delle preoccupazioni del momento, le immagini assurde, ricordi, emozioni o il sonno sono sempre in agguato! Nella maggior parte delle pratiche di focalizzazione e di tecniche, che vengono riunite con il nome di mindfullness – che significa coscienza, consapevolezza, attenzione, mente presente – associate con la tradizione buddista, il vagabondare della mente è considerato una distrazione che facilmente può condurre a bloccare il pensiero su schemi fissi, all'ansietà e alla depressione. In altri tipi di pratica meno direttivi, invece, il fatto che la mente produca il ricordo di tante emozioni, legate alle proprie esperienze, viene considerato come una parte naturale dei processi mentali stimolati dalla meditazione: così è nella Meditazione trascendentale, nella meditazione usata nella clinica e nel metodo Acem.

Anche il solo fatto di tentare, a più riprese, un assetto meditativo, comporta un senso di benessere e una minore attitudine a farsi distrarre dalle preoccupazioni o dal cambio di situazione nella vita quotidiana. Si tratta di un’abitudine a non distogliersi che la mente acquisisce semplicemente allenandosi, anche quando la tecnica di meditazione non riesce a essere perfettamente seguita.
L’utilizzo pratico, prettamente occidentale, di queste tecniche - derivate, come è noto, da una lunghissima esperienza orientale – consente anche di centrare l’attenzione su un distretto corporeo per cercare di sentire, attraverso l’emergere di immagini spontanee, la qualità e, qualche volta, il significato di certi sintomi. Vi sono infatti alcuni esercizi di respirazione e concentrazione che possono essere condotti anche in sede di psicoterapia e che aiutano a focalizzare l’attenzione per esempio su un disturbo ricorrente, come un nodo alla gola, un bruciore allo stomaco, una lombalgia o una cefalea. Un lavoro di mezz’ora può effettivamente cambiare la percezione di un disturbo fisico e aprire un processo che può essere straordinario.

giovedì 17 luglio 2014

Abusi sui minori: clinica dell’inosservato

 “Sarebbe utile, se non necessario, organizzare convegni pediatrici allargati a tutti gli operatori sanitari, in cui vengano trattate le problematiche riguardanti gli abusi sui minori: aspetti diagnostici e legali”: lo scrive un collega medico, dopo aver letto una notizia che ci pare sconcertante: cioè, ancora oggi, esattamente a distanza di 26 anni dalla fragorosa apertura di Telefono Azzurro, la violenza sul minore rimane un “impensabile”, una cosa a cui la mente si rifiuta di credere, anche per i sanitari.

Raccapriccio: se non se ne accorgono i medici, chi mai dovrebbe accorgersene? Se ne accorgono eccome gli insegnanti, per esempio; i vicini di casa; i genitori dei compagni di scuola. Tutti noi possiamo accorgercene. Ancora come 26 anni fa, la campagna per la segnalazione dell’abuso sul minore è coperta di omertà: una volta “erano fatti di famiglia”; oggi, si ha paura delle reazioni di persone appartenenti a una etnia magari diversa dalla propria; e non sempre le Forze dell’Ordine sono collaboranti, di fronte a una denuncia, tanto è vasto il mare magnum dell’abuso sui minori, tanto è minima la possibilità di aiuto se proprio il caso non è clamoroso, a causa dei continui tagli allo Stato sociale. 
Invece questo problema dovrebbe entrare, e presto, nelle discussioni sulla politica sanitaria: il 10% delle denunce riguarda i minori, e quasi tutte sono legate al maltrattamento a cui sono sottoposti.